Casa del pastore

Patrimonio materiale

La casa del pastore viene chiamata così perché sul suo portale è raffigurata la figura di un un pastore disegnata dall’artista locale Miza, ispirata al personaggio presente in uno dei racconti de “La Ragazzi di Pietra Durante” di Bice Lapenna. Ma per struttura e fattezze era tutt’altro che un’abitazione riservata a persone di umili condizioni. L’altezza, la numerosità dei vani e lo stemma la rendono distinguibile rispetto alle stamberghe circostanti.

L’abitazione è un cosiddetto “casino”, ossia una costruzione sotto forma di casa-torre, che si si sviluppa su 3 piani su base quadrata, di circa 15 metri quadri l’uno, consistenti in una cucina rurale al piano terra, dotata di tipici arredi del tempo, con fornacella e credenza ed antica scala in legno, una camera da letto ed un soffitto. Anche il tetto si differenzia dal contesto per la presenza di quattro vele uguali. E’ una casa utilizzata da Oscata inVita per dimostrazioni di vita di un tempo in cui gli spazi delle case erano organizzati diversamente, con assenza di servizi igienici, acqua e luce. Spesso suscita la curiosità degli ospiti che possono visivamente percepire abitudini e gesti della vita di un tempo nelle Cucine Rurali dell’Alta Irpinia.

Alla casa è associato il romanzo di Bice Lapenna, perché per un periodo la protagonista del libro vive in questo casino nobiliare. Ecco un passo dedicato al pastore: “Prima del matrimonio Antonia ebbe modo di conoscere Puccio, un pastorello che lavorava nella tenuta di Giuseppe. Puccio era un giovane di diciassette anni che non raggiungeva un metro e cinquanta di altezza. Era di carnagione chiara. I suoi occhi erano di colore castano e i suoi capelli ricci e folti. Aveva un nasino all’insù, la cui punta d’inverno diventava rossa come una ciliegia. Aveva il volto cosparso di lentiggini che gli donavano un’aria da bambino e lo rendevano un po’ buffo. Le sue mani erano di colore violaceo e le unghie sempre nere. Indossava pantaloni alla zuava a quadrettoni, sempre un po’ infangati, una camicia di flanella bianca e nera, un maglioncino grigio imbrattato di macchie. Portava calze di lana di pecora confezionate con i residui di lana filata regalatagli dallo sc’ardalana (il cardatore di lana).“

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