Produzione del formaggio
Patrimonio immateriale
“Ogni tanto bisognava bagnare le dita nel latte per ammorbidire il capezzolo e farlo scorrere meglio. Terminata l’operazione si passava alla misurazione. Legata la capra al catiniello, si doveva attendere qualche minuto per far sparire la schiuma. Peppino, un giovane forte e robusto, mungeva imprimendo molta forza alle dita. Nel suo recipiente si alzava un palmo di schiuma. Misurare subito significava falsare il risultato. “Soffia forte nella secchia, allontana la schiuma, per l’amor di Dio!” Peppino gonfiava le guance e soffiava con quanto fiato aveva in gola. Andava di fretta. Doveva cercare di raggiungere Filomena che se ne stava tornando a casa con la sua capra. L’occasione era propizia per sussurrarle alcune paroline dolci nell’orecchio.
La misurazione era abbastanza semplice. Il latte veniva vuotato in un recipiente uguale per tutti che ogni volta faceva il giro delle varie masserie. Doveva essere sistemato su una superficie piana (tavolo, asse di legno, piano della fornacella), mai sul pavimento perché essendo sconnesso falsava la misurazione. Veniva poi calata la catarina, una stecca di legno rigido più larga alla base per farla aderire meglio al fondo del recipiente. La catarina era segnata da tante tacche: le lunghe indicavano il litro, le medie il mezzo litro, le piccole il quarto. Terminata la misurazione si segnava il tutto sulla taglia: un altro legno più piccolo diviso trasversalmente a metà. Anche su questo si infiggevano tacche corrispondenti alle varie misure. Terminata detta operazione, metà veniva conservata dal proprietario della capra, l’altra metà andava a chi raccoglieva il latte. Man mano che il latte veniva scontato, durante le settimane a venire, si univano i due pezzi di legno della taglia e si scoltellavano le tacche corrispondenti. Nessuna lite, nessuna contestazione. Le tacche parlavano chiaro. “Scripta manent”. Lo dicevano pure i latini!”